Biografia
Danuta Ewa Pilarczyk in Ciombolini di doppia nazionalità, polacca e italiana, nasce 27 ottobre nel 1957 in Polonia a Chrzanow,
voievodato di Cracovia.
Sua madre, Cecylia Oles Czech proveniente dalla nota famiglia di proprietari terrieri della Polonia Centrale (Malopolska - Kielecczyzna), lascia in eredità alla figlia un amore immenso e incontrastato per la natura, in ogni suo aspetto, che ritorna prepotentemente in quasi tutta la produzione futura dell’artista.
Padre, Jerzy Pilarczyk come indica cognome stesso, proviene dalla famiglia che continua secolare tradizione di un ceto cittadino appartenente agli artigiani “czyk” dedito alla muratura, costruzioni e progettazione delle case ed edifici “ Pilar “ - pilastro. Tale vincolo è reso concreto, immancabilmente, nel tentativo di studi dell’architettura all’Università di Cracovia e in seguito nel conseguimento nel 1979 del diploma, a Varsavia nella prestigiosa e antica (Zenska Szkola Architektury im. St. Noakowskiego) Scuola Femminile dell’Architettura, con il titolo di perito in Architettura, come anche più in là, nella continuità dell’ascesa professionale della famiglia attraverso la persona di Philip Ciombolini – figlio, studente di Prima Facoltà di Architettura “ Ludovico Quaroni” Università La Sapienza – Roma, Italia – (www.philipciombolini.altervista.org).
Contemporaneamente agli studi di architettura in Polonia, dove Danuta Ewa Pilarczyk oltre disegno tecnico e architettonico viene incoraggiata e spronata dai Prof.: E. Bielecki e L. Lukomska che stupiti ammirano le Sue performance a mano libera,
per alcuni anni 1978,1979,1980 frequenta l’Istituto Italiano di Lingua e Cultura Italiana in Via Foksal a Varsavia, per lo studio della lingua. Partecipa agli eventi, innumerevoli concerti di musica classica di concertisti italiani presenziati in occasione degli scambi culturali a cura del suddetto Istituto, ha anche l’occasione di ammirare famigerato design italiano. Tutto questo scaturisce interessi sempre più coinvolgenti rivolti verso la nazione italiana. In conseguenza intraprende alcuni viaggi di cultura in Italia, dove approda definitivamente. In questo periodo svolge praticantato negli studi dei progetti degli architetti: W. Swiatkowski KBM Srodmiescie Varsavia, Z.R.W. “ Stolica “ Varsavia, R. Zbik, K.G.B.Chrzanow, Gilberto e Tommaso Valle Roma, sia in Polonia, che in Italia.
Nel 1981 e 1982 è regolarmente iscritta e frequenta Scuola Libera del Nudo annessa all’Accademia di Belle Arti a Roma, sezione pittura, sotto la guida del Prof. Giulio Turcato e Luigi Montanarini. Nel 1986 s’iscrive all’Accademia di Belle Arti a Roma, Dipartimento – Arti Visive, Corso – Pittura, dove volutamente cambia classe per frequentare le lezioni del docente di pittura Sandro Trotti scelto per le Sue doti di lascare, la massima possibile, libertà creativa agli studenti. Là, incontra centinaia di artisti provenienti da tutto il mondo con le loro soggettive preferenze dettate dalla moltitudine di culture differenti che, a Suo parere, costituisce il vero arricchimento nella formazione dell’espressività futura. Studia la storia della pittura italiana, divulga e vende le opere pittoriche originali di Giovanni Fattori, la stampa d’arte, serigrafie e litografie dei più famosi pittori italiani e stranieri del XXI secolo: Salvatore Fiume, Michele Cascella, Giorgio de Chirico, Alberto Sughi, Enrico Baj, Remo Brindisi, Alberto Burri, Ennio Calabria, Domenico Purificato, Ugo Attardi, Giacomo Balla, Carlo Carrà, Gino Severini, Renato Guttuso, Umberto Boccioni, Antonio Bueno, Salvador Dalì, Pablo Picasso, ecc. Nella capitale comincia a entrare nei circoli culturali, viene coinvolta dalla frenetica vita artistica con le mostre collettive e personali sia a Roma che in tante altre città italiane.
Nelle Gallerie d’Arte Moderna “ Margutta 9 “ e Galleria Margutta 9 OAC di Roberto Alessandri di Via Margutta – Roma, si accosta ai vari personaggi e fa amicizia con alcuni di loro, come; Tano Festa, Mario Schifano, Roberto Loyola, Enrico Manera, Francesco Alessandri, Ana Maria Laurent. Attività artistica Le permette conoscere personalmente le icone della cultura italiana nelle persone di; Federico Fellini, Achille Bonito Oliva, Paolo Portoghesi, nonché Presidente Carlo Azeglio Ciampi e Papa Giovanni Paolo II,
giornalisti, critici d’arte, galleristi, pittori, scultori - tra altri; Giorgio Fiordelli, Benedetto Robazza, Giuliano Ottaviani. Partecipa alle biennali, mostre e manifestazioni culturali in tutta Italia e all’estero. Varie pubblicazioni e cataloghi fanno si, che viene sempre più menzionato il Suo nome. Le Sue opere approdano nelle numerose nazioni europee e paesi esotici come Emirati Arabi Uniti o nel “Nuovo continente”, negli Stati Uniti d’America.
Nel 1989 Danuta Ewa Pilarczyk in arte Pilar è iscritta all’Archivio Giovani Artisti Italiani, Comune di Roma – Assessorato alla Cultura – Centro Ricerca e Documentazione Arti Visive S. Rita in Campitelli, Sovraintendenza ai Beni Comunali – Palazzo delle Esposizioni. Nel 1992 viene eseguita la video monografia - cortometraggio di 16 min, presentata da critico d’arte Costanzo Costantini, una produzione dell’Istituto Cinema & Industria Comunicazione di Via Gregoriana, regia - Dott. Corrado Prisco – regista, produttore cinematografico, sceneggiatore italiano.
Danuta Ewa Pilarczyk lavora e produce in tre studi a Roma: in Via dell’Impruneta, Via Magazzini Generali e Piazzale della Radio.
Nel 2005 si trasferisce con la famiglia in Provincia di Latina (incantevole zona di Sermoneta, Ninfa, San Felice Circeo,
Sperlonga, Caserta, zona popolata di costruzioni cistercensi
e antiche grotte nelle severe catene di Monti Lepini, Imbruini e Ausoni ) a Roccasecca dei Volsci posata sul Monte Curio, dove apre lo studio e un atelier in Via Vicolo Oscuro.
Nonostante una notevole produzione artistica, quella dell’arte, ha costituito solo una minima, in percentuale, parte della Sua vita. Gli impegni famigliari e professionali (importanti società, in cui ha lavorato, di Roma, Milano e Latina nell’ambito di architettura, quello amministrativo e dirigenziale) che hanno occupato trentennale asse di tempo, si stanno tramutando gradualmente nell’esistenza più tranquilla permettendo finalmente ritorno alla pittura, riordino e catalogazione dei lavori artistici. Frequenti soggiorni in Polonia, nell’amata villa nel bosco, circondata da secolari querce,
vicino a Kielce, già metà di pellegrinaggio di noti galleristi, permetteranno più sereno e prolifero periodo di produzione artistica, stimata tuttavia ormai, in migliaia di pezzi.
www.danutapilarczyk.altervista.org
PILAR
DANUTA EWA PILARCZYK
by
COSTANZO COSTANTINI
Translated by Angela Grillo
It’s a feast, a celebration
an explosion,
a phantasmagoria of colours.
It’s Pilar’s painting.
Warm, rich, cheerful,
harsh with colours
releasing the spirit of life.
A spontaneous, free and imaginative painting.
Since her first brushes Pilar reveals her love for strong colours.
Slightly phobic or expressionist,
she paints a fantastic world,
crowded with polychromic masks
spectacularly dressed,
such as the blue eyed mask,
which bursts into the canvas we are looking at.
Pilar’s painting is a trip on the oneiric and fantastic world.
Pilar loves and represents femininity in each of its aspects,
as the free force of nature.
She makes femininity live in her canvas
expressing it in all the range of its manifestations.
Naked women or bathers with bronze bodies
and amazing faces,
masks with green or tawny hair,
red breast
and yellow eyes.
A pictorial variety which evokes bizarre muliebrous images of the
expressionist or neoexpressionist masters,
and maybe even the female world, reviewed through the picassian deformation,
but always realized according to her own personal expressive style,
which tends to the surrealistic world and to the fairy tale.
If you love the woman
you can’t avoid loving her also as a mother,
as a bearer of that great mystery of nature
which is maternity,
You can’t avoid loving the fruit
which springs from her womb.
The fruit which enriches life,
making it beautiful, gay, joyful and festive,
and opens life towards perspective of continuity and hope.
A woman and an artist at the same time,
Pilar loves children, both in life and in her painting.
In some way all that comes out of her brush is childish.
Childlike as that pure expression of the fabulous imagination
which is proper to children,
such as the love for masks and dolls,
or her passion for sunny or dazzling colours.
As Elsa Morante used to say:
“The world can be saved only by children”.
Only a distorted view of the problems claimed by feminism,
or by the Women’s Liberation Movement can lead to what is called the war of sexes.
Pilar doesn’t show to share this distorted view.
She loves life too much,
to pretend to ignore,
that life is the result of the relation between sexes.
Representing either the female or the male world,
Pilar doesn’t change her style.
The woman, the man and the couple
always assume in her representations
a dreamlike or surreal aspect
with a touch of the Orient,
taken from the oriental theatre.
Pilar lives in Rome.
She hides herself under the Hispanic, hemigueian name,
but she comes from Poland,
from one of those countries,
where each form of art
has in itself a certain mysterious air.
Here we can see Pilar with her son in the park.
Real and mythical at the same time,
it’s the place where nature celebrates itself,
under the shape of order, grace and harmony.
It’s in the park that children learn to grow,
through the love for plants, flowers, animals,
fountains, spurting waters,
their sense of beauty, through nature and through art.
Art and nature are not antonymic terms ,
but art can add to nature,
despite so rich and varying and prodigious,
something of its own.
Something which flows from the artistic imagination.
Often painted flowers are not less than real ones.
The colours of Pilar’s flowers
remind of Noide’s colour,
whereas her children
always have something which evokes the East.
In these paintings Pilar celebrates her Spring Feast,
under a starry sky,
while Narcissus is looking at himself in the fountain.
Loen Battista Alberti taught that painting was invented
by Narcissus reflecting himself in the fountain.
If it is true that life is an eternal beginning,
then also Pilar goes back to the beginning of her work,
to the chromatic splendour
we have admired in her first paintings.
The trip is finished,
but others will follow
in a continuous series
that we wish even more seductive.
PILAR
DANUTA EWA PILARCZYK
Di COSTANZO COSTANTINI
E’ una festa,
un’ esplosione,
una fantasmagoria di colori la pittura di PILAR .
Una pittura calda, ricca, allegra,
una pittura squillante,
una pittura che sprigiona gioia di vivere,
una pittura spontanea, libera, immaginosa.
Sin dalle prime pennellate PILAR rivela che
ama un colore forte,
vagamente fobo o espressionista,
ma per dipingere un mondo favoloso,
popolato di maschere policrome,
dagli addobbi spettacolari,
come la maschera dagli occhi blu,
che irrompe nelle tele che stiamo osservando.
E’ un viaggio nella sfera onirica e fantastica,
la pittura di PILAR .
PILAR ama e rappresenta la femminilità
In ogni suo aspetto,
come forza libera della natura.
La fa rivivere sotto ogni forma,
nella varia e vasta gamma delle sue manifestazioni.
Donne nude o bagnanti dai corpi color del bronzo,
donne dai volti stupefacenti,
maschere dai capelli verdi o fulvi, dai segni rossi
dagli occhi gialli.
Una varietà pittorica che evoca le bizzarre
immagini muliebri dei maestri espressionisti o
neoespressionisti,
forse anche il mondo femminile rivisitato
attraverso la deformazione picassiana,
ma sempre secondo stilemi espressivi suoi propri,
personali,
che tendono al surreale
alla favola
e al racconto favolistico.
Se si ama la donna
Non la si può non amare anche come madre,
quale portatrice di quel grande mistero della natura,
che è la maternità.
Non si può non amare il frutto
che scaturisce dal suo grembo
e che arricchisce la vita,
rendendola bella e lieta e gioiosa e festante,
aprendola verso le prospettive
di continuità e di speranza.
Donna e artista nello stesso tempo,
PILAR , ama i bambini nella realtà
e nella rappresentazione pittorica.
In qualche modo tutto ciò che emerge dal suo pennello
è infantile.
Infantile come espressione sorgiva
di quell’immaginazione favolosa
che è propria dei bambini,
come amore delle maschere e delle bambole,
come predilezione dei colori festosi o abbaglianti.
Come diceva Elsa Morante
“ Il mondo non può essere salvato che dai bambini “.
Soltanto una distorta visione dei problemi
posti dal femminismo,
o dal movimento per la liberazione della donna,
può portare a quella che viene chiamata
la guerra dei sessi.
PILAR non mostra di condividere
questa distorta visione,
ama troppo la vita,
per fingere di ignorare,
che la vita nasce dall’unione dei sessi.
Sia che rappresenti il mondo femminile
o il mondo maschile,
non cambia stile.
La donna e l’uomo e la coppia
assumono sempre nelle sue tele
un aspetto irreale o surreale,
con alcunché di orientale,
del teatro orientale.
PILAR vive a Roma.
Si nasconde sotto il nome ispanico,
hemigueiano,
ma proviene dalla Polonia,
ossia da uno di quei paesi,
dove ogni forma d’arte
porta con sé un alone misterioso.
Qui vediamo PILAR con il figlio nel parco,
ossia in quell’ luogo,
a un tempo reale e mitico,
nel quale la natura celebra se stessa,
sotto forma di ordine, grazia, armonia.
E’ nel parco che i bambini apprendono a coltivare
attraverso l’amore per le piante, i fiori,
gli animali, le fontane, le acque zampillanti
il loro senso della bellezza,
attraverso la natura e attraverso l’arte.
L’arte e la natura non sono termini antinomici,
ma l’arte può aggiungere alla natura,
pur così ricca e varia e prodigiosa,
qualcosa di suo proprio,
quel qualcosa,
che nasce dall’immaginazione artistica.
Spesso i fiori dipinti non sono da meno
di quelli reali.
I colori dei fiori di PILAR
ricordano i colori di Nereide,
mentre i suoi bambini
hanno sempre qualcosa che evoca l’Est.
In queste tele PILAR celebra la sua sagra
della primavera,
sotto il cielo stellato,
mentre Narciso si specchia alla fonte.
Leon Battista Alberti insegnava
che la pittura fu inventata
da Narciso che si specchia alla fonte.
Se è vero che la vita è un eterno ricominciamento
anche PILAR torna all’inizio del suo lavoro
ossia al fasto cromatico
che abbiamo ammirato nelle sue prime tele.
Il viaggio è finito,
ma adesso ne seguiranno altri,
in una serie continua,
augurabilmente ancora più seducenti.
Costanzo Costantini, firma storica e critico d'arte de "Il Messaggero" è tra i più importanti giornalisti italiani; protagonista della vita culturale, non solo italiana, dal dopoguerra ad oggi, è stato amato da importanti artisti, da Federico Fellini a Balthus, Leonor Fini e Fabrizio Clerici.
Ha pubblicato libri su Giorgio de Chirico, Giacomo Manzù, Renato Guttuso, Luchino Visconti, Federico Fellini. Di lui e del suo libro su Fellini, uscito nel 1995 presso Donoël, ha scritto Michel Cournot su Le Monde: «Conversation avec Federico Fellini è un libro irresistibile per umore, charme, emozione. Costantini non è un intervistatore comune: è uno stregone, tratta gli argomenti con un tocco affascinante, scrive con magia»