ALFREDO LOZITO

I fiori e le donne sono i temi dominanti nella pittura a volte delicata e sognante, a volte aggressiva e disperata di Danuta Perpetua Pilarczyk . Glicini, mughetti, lillà dai colori tenui si alternano a papaveri e a rose scarlatte; fanciulle in fiore, quasi smarrite in acconciature liberty, cedono il posto a donne fette, dai segni guizzanti e dagli occhi di brace, quasi delle virago, em-blemi esse stesse di lussuria e di vendetta al pari della Lilith che precede la nascita della Eva nelle bibbie apocrife.

E’ il suo tratto forte e vigoroso ad accentuare quest’impressione, laddove le immagini sem-brano appena sbozzate, ruvide quasi, ma al tempo spesso precise come se fare soltanto chi ha studiato da anni disegno architettonico e figura.

I fiori di Danuta in cui è sostanziale la ricerca di stilemi neo-impressionistici, sembrano  dilatarsi in moduli ripetitivi, ma non per un effetto meramente decorativo, tant’è vero che la ricca cromaticità e la perdita assoluta della forma stanno a rappresentare emozioni, stati d’animo, raffigurazioni emblematiche di un mondo sempre più privo di umanità.

Quando alle immagini muliebri, la capacità pittorica – espositiva di Danuta risponde essen-zialmente all’immediatezza della trasposizione su tela di percezioni astrali, rarefatte e comunque non più terrene, tipiche dell’entronauta che viaggi nell’inconscio personale e collettivo.

In questa Artista, che ha lasciato la forte ma tenera Polonia per la romantica ma spesso greve nostra terra mediterranea, convivono le anime di molte donne, le loro molte speranze, i loro sentimenti, le loro frustrazioni ataviche, le loro forze abissali di terre – madri che rifiutano il ruolo di oggetto di desiderio e di trastullo.

In Danuta non c’è però “ una “ presa di coscienze che di volta in volta ha scoperto di avere e che ha trasferito sulle sue tele con una tecnica sempre più ideografica e rapida, decisa quanto complessa, che è possibile padroneggiare non soltanto dopo anni di studio, ma dopo anni, secoli, eoni di esperienza esistenziale. Ed ecco che Danuta riscopre il melanconico languore virginale, la vitalità prorompente dei suoni “ nudi “ a forti tinte ocra e scarlatte, il presentimento dolorosa della  “assuefazione“, gli sguardi stralunati dell’ossessione: tutte situazioni strettamente inerenti all’eterno femminino che è in lei, ma che vivaddio, come persona, prima ancora che come Artista, affronta con la calma olimpica del suo carattere.

In questo suo modo di vivere e di esprimere il suo sentire nella pittura, Danuta è parados-salmente “ solare”: i suoi capelli color del grano, i suoi occhi azzurri che traguardano altri cieli in altri orizzonti di memorie, la sua dolcezza stanno a dimostrare che la pittura, per lei, è catarsi, purificazione e, se occorre, esorcismo di quanto attorno a lei ( e attorno a noi ) rischia di insidiare ogni sensibilità più acuta del normale, ogni capacità percettiva che non sia protetta da una corazza di infingardaggine.

In fondo, poi,  è proprio questa la  funzione classica dell’Arte, al contrario di quanto si possa credere in quest’epoca di mercimonio, di “ meraviglie “  trite e ritrite oltre che di velleitarismo e sfacciataggine culturale e comportamentale. Ed ecco che Danuta, sicura di sé ma con   un pizzico di emozione che le imporpora le gote, si presenta nelle aree espositive italiane, dove – c’è da esserne certi – riscuoterà quel caloroso successo che merita per la sua autenticità e per la sua “ verve “ genuina.

 

 

                                                                                                                                  ALFREDO LOZITO

 

 

Perpetua Pilar

 
 
 
 
 

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NOTE BIOGRAFICHE Danuta Ewa Pilarczyk in arte "Pilar" nata a Chrzanow, provincia di Cracovia (Polonia) il 27.10.1957. Ha frequenta l'Istituto Professionale di Architettura e Edilizia - Varsavia, Scuola Libera di Pittura - Nudo, Roma, Accademia di Belle Arti - Pittura, via di Ripetta Roma. Vive e lavora a Roccasecca dei Volsci (LT) Italia.

 
 
 
 
 
 
 
 

I Fiori e le donne sono i temi dominanti nella pittura a volte delicata e sognante, a volte aggressiva e disperata di Danuta Perpetua Pilarczyk. Glicini, mughetti, lillà, dai colori tenui si alternano a papaveri e a rose scarlatte; fanciulle in fiore, quasi smarrite in acconciature liberty, cedono il posto a donne fatte, dai seni guizzanti e dagli occhi di brace, quasi delle virago, emblemi esse stesse di lussuria e di vendetta al pari della Lilith che precede la nascita di Eva nelle bibbie apocrife. E' il suo tratto forte e vigoroso ad accentuare quest'impressione, laddove le immagini sembrano appena sbozzate, ruvide quasi, ma al tempo stesso precise come sa fare soltanto chi ha studiato per anni disegno architettonico e figura. I fiori di Danuta in cui è sostanziale la ricerca di stilemi neo-impressionistici, sembrano dilatarsi in moduli ripetitivi, ma non per un effetto meramente decorativo, tant'è vero che la ricca cromaticità e la perdita assoluta della forma stanno a rappresentare emozioni, stati d'animo, raffigurazioni emblematiche di un mondo sempre più privo di umanità. Quando alle immagini muliebri, la capacità pittorica-espressiva di Danuta risponde essenzialmente all'immediatezza della trasposizione su tela di percezioni astrali, rarefatte e comunque non più terrene, tipiche dell'entronauta che viaggia nell'inconscio personale e collettivo. In questa Artista, che ha lasciato la forte ma tenera Polonia per la romantica ma spesso greve nostra terra mediterranea, convivono le anime di molte donne, le loro molte speranze, i loro sentimenti, le loro frustrazioni ataviche, le loro forze abissali di terre-madri che rifiutano il ruolo di oggetto di desiderio e di trastullo. In Danuta non c'è però "una" presa di coscienza che di volta in volta ha scoperto di avere e che ha trasferito sulle sue tele con una tecnica sempre più ideografica e rapida, decisa quanto complessa, che è possibile padroneggiare non soltanto dopo anni di studio, ma dopo anni, secoli, eoni di esperienza esistenziale. Ed ecco che Danuta riscopre il melanconico languore virginale, la vitalità prorompente dei suoni "nudi" a forti tinte ocra e scarlatte, il presentimento doloroso della "assuefazione", gli sguardi stralunati dell'ossessione: tutte situazioni strettamente inerenti all'eterno femminino che è in lei, ma che vivaddio, come persona, prima ancora che come Artista, affronta con calma olimpica del suo carattere. In questo suo modo di vivere e di esprimere il suo sentire nella pittura, Danuta è paradossalmente "solare": i suoi capelli color del grano, i suoi occhi azzurri che traguardano altri cieli in altri orizzonti di memorie, la sua dolcezza stanno a dimostrare che la pittura, per lei, è catarsi, purificazione e, se occorre, esorcismo di quanto attorno a lei (e attorno a noi) rischia di insidiare ogni sensibilità più acuta del normale, ogni capacità percettiva che non sia protetta da una corazza di infingardaggine. In fondo, poi, è proprio questa la funzione classica dell'Arte, al contrario di quanto si possa credere in quest'epoca di mercimonio, di "meraviglie" trite e ritrite oltre che di velleitarismo e sfacciataggine culturale e comportamentale. Ed ecco che Danuta, sicura di sé ma con un pizzico di emozione che le imporpora le gote, si presenta nelle aree espositive italiane, dove - c'è da esserne certi - riscuoterà quel caloroso successo che merita per la sua autenticità e per la sua "verve" genuina.

 

 

 

 

 Alfredo Lozito