PATRIZIA BRACCI

Fin da queste prime immagini emergono il mondo, i tempi, le predilezioni di Perpetua Pilar, colori ora tenui, ora brillanti, ora sfumati, ora intensi. L’armonia dei colori e la profonda sensibilità manifestano una comune radice interiore che attraverso gli strati di una normale esistenza quotidiana riescono a raggiungere umori più profondi e alimentare sensazioni più varie, rivelando un forte temperamento creativo.

Perpetua Pilar ha il privilegio di lavorare a Roma, la città della quale Jorge Luis Borges diceva, citando Swedemborg: “ a Roma non ci si va, ma ci si torna, anche se non vi si è mai stati, perché Roma è un luogo dell’immaginazione universale o un mito, è uno dei miti più duraturi e affascinanti della storia delle civiltà. Una città che con le sue tonalità ispira una sinfonia di colori, o sarebbe meglio dire un’elegia di colori?

Ed è proprio del colore e nell’uso, che si esprime il grado di maturità di Perpetua Pilar, la cui pittura è impregnata parallelamente sui ricordi del passato e sulle esperienze vissute quotidianamente, dove le piccole e grandi cose si alternano indivisibili.

Anche i quadri di più scoperto lirismo, suggerendo una sottile inquietudine, riflettono una totalità sentimentale e intellettuale; sono il risultato ultimo di un mondo composito in cui il rapporto dell’artista con le esperienze passate può essere elemento portante per intendere appieno la personalità di Perpetua Pilar.

La memoria passata e futura è musica nel cuore dell’artista e sta nei suoi pensieri come diagramma sottile che ricompone l’intero senso della realtà. E’ nella tela informe, sulla quale prenderanno coscienza le forme della memoria e dell’invenzione.

Perpetua Pilar ama questa superficie vuota di struttura che riempirà di vita, con una creatività e professionalità che sono supporti del suo linguaggio, insieme concreto e visionario, fatto di cose e di indefinibili vibrazioni.

Nelle sue opere, passione e meditazione, facoltà inventiva e facoltà teorica risultano magnificamente accordate. Così come il chiaro e lo scuro. Lo scuro segna i contrasti, i confini, i drammi, il chiaro apre spiragli, aloni, orizzonti. La tenebra contro la luce o la luce contro la tenebra, la morte contro la vita o la vita contro la morte in una lotta incessante.

E’interiore e viscerale la pittura di Pilar: in un orgia del movimento, dove le cose hanno suoni e parole, l’artista scava nel groviglio delle sensazioni, configura, d’istinto, l’immagine ideale che è più adatta al divenire dello spirito. Davanti agli occhi passano le spoglie delle sue vibrazioni che si riempiono di vita. Fremiti del reale e del sogno, in linea con la propria sincerità sentimentale e col bisogno d’evasione che è tipico dell’arte non imprigionata nel conformismo della visualità oggettiva.

Ecco ancora una volta la pittrice  nella Roma che Lord Byron chiamava “la città dell’anima”, ed in cui Ezra Pound ritrovava “ il senso della divinità”, ma nella quale si respira anche , per così dire, il senso della terra, della materia, del corpo, nella estrema varietà delle sue espressioni. Alberto Moravia diceva che Roma è una delle città meno spirituali del mondo, ma Andrè Masson confessava prima di morire che solo Roma fugava la depressione, la malinconia e il malessere che di tanto in tanto lo assediavano. Come le opere di Perpetua Pilar che rispondono in pieno alla funzione che Berenson assegnava all’arte: accrescere la vitalità dello spettatore.

 

                                                                       PATRIZIA BRACCI

                                                                       Palazzo Massimo XVII sec.

                                                                       Roccasecca dei Volsci 14 Dic. 2002