COSTANZO COSTANTINI

PILAR

di

Costanzo Costantini

 

         E’ una festa,

un esplosione,

una fantasmagoria di colori la pittura di PILAR

Una pittura calda, ricca, allegra,

una pittura squillante,

una pittura che sprigiona gioia di vivere,

una pittura spontanea, libera, immaginosa.

Sin dalle prime pennellate PILAR rivela che

ama un colore forte,

vagamente lobo o espressionista,

ma per dipingere un mondo favoloso,

popolato di maschere policrome,

dagli addobbi spettacolari,

come la maschera dagli occhi blu,

che irrompe nelle tele che stiamo osservando.

E’ un viaggio nella sfera onirica e fantastica,

la pittura di PILAR.

 

PILAR ama e rappresenta la femminilità

In ogni suo aspetto,

come forza libera della natura.

La fa rivivere sotto ogni forma,

nella varia e vasta gamma delle sue manifestazioni.

Donne nude o bagnanti dai corpi color del bronzo,

donne dai volti stupefacenti,

maschere dai capelli verdi o fulvi, dai segni rossi

dagli occhi gialli.

Una varietà pittorica che evoca le bizzarre

Immagini muliebri dei maestri espressionisti o

neoespressionisti,

forse anche il mondo femminile rivisitato

attraverso la deformazione picassiana,

ma sempre secondo stilemi espressivi suoi propri,

personali,

che tendono al surreale

alla favola

e al racconto favolistico.

 

Se si ama la donna

Non la si può non amare anche come madre,

quale portatrice di quel grande mistero della natura,

che è la maternità.

Non si può non amare il frutto

che scaturisce dal suo grembo

e che arricchisce la vita,

rendendola bella e lieta e gioiosa e festante,

aprendola  verso le prospettive

di continuità e di speranza.

 

Donna e artista nello stesso tempo,

PILAR , ama i bambini nella realtà

e nella rappresentazione pittorica.

In qualche modo tutto ciò che emerge dal suo pennello

è infantile.

Infantile come espressione sorgiva

di quell’immaginazione favolosa

che è propria dei bambini,

come amore delle maschere e delle bambole,

come predilezione dei colori festosi o abbaglianti.

Come diceva Elsa Morante

“ Il mondo non può essere salvato che dai bambini “.

 

Soltanto una distorta visione dei problemi

posti dal femminismo,

o dal movimento per la liberazione della donna,

può portare a quella che viene chiamata

la guerra dei sessi.

PILAR  non mostra di condividere

questa distorta visione,

ama troppo la vita,

per fingere di ignorare,

che la vita nasce dall’unione dei sessi.

Sia che rappresenti il mondo femminile

o il mondo maschile,

non cambia stile.

La donna e l’uomo e la coppia

assumono sempre nelle sue tele

un aspetto irreale o surreale,

con alcunché di orientale,

del teatro orientale.

 

PILAR vive a Roma.

Si nasconde sotto il nome ispanico,

hemigueiano,

ma proviene dalla Polonia,

ossia da uno di quei paesi,

dove ogni forma d’arte

porta con sé un alone misterioso.

 

Qui vediamo  PILAR con il figlio nel parco,

ossia in quel luogo,

a un tempo reale e mitico,

nel quale la natura celebre se stessa,

sotto forma di ordine, grazia, armonia.

E’ nel parco che i bambini apprendono a coltivare

attraverso l’amore per le piante, i fiori,

gli animali, le fontane, le acque zampillanti

il loro senso della bellezza,

attraverso la natura e attraverso l’arte.

L’arte e la natura non sono termini antinomici,

ma l’arte può aggiungere alla natura,

pur così ricca e varia e prodigiosa,

qualcosa di suo proprio,

quel qualcosa,

che nasce dall’immaginazione artistica.

Spesso i fiori dipinti non sono da meno

di quelli reali.

I colori dei fiori di PILAR 

ricordano i colori di Nereide,

mentre i suoi bambini

hanno sempre qualcosa che evoca l’est.

 

In queste tele PILAR celebra la sua sagra

della primavera,

sotto il cielo stellato,

mentre Narciso si specchia alla fonte.

Leon Battista Alberti insegnava

che la pittura fu inventata

da Narciso che si specchia alla fonte.

Se è vero che la vita è un eterno ricominciamento

anche PILAR torna all’inizio del suo lavoro

ossia al fasto cromatico

che abbiamo ammirato nelle sue prime tele.

 

Il viaggio è finito,

ma adesso ne seguiranno altri,

in una serie continua,

augurabilmente ancora più seducenti.

 

 

                    Costanzo Costantini, firma storica e critico d'arte de "Il Messaggero" è tra i più importanti giornalisti italiani; protagonista della vita culturale, non solo italiana, dal dopoguerra ad oggi, è stato amato da importanti artisti, da Federico Fellini a Balthus, Leonor Fini e Fabrizio Clerici.

Ha pubblicato libri su Giorgio de Chirico, Giacomo Manzù, Renato Guttuso, Luchino Visconti, Federico Fellini. Di lui e del suo libro su Fellini, uscito nel 1995 presso Donoël, ha scritto Michel Cournot su Le Monde: «Conversation avec Federico Fellini è un libro irresistibile per umore, charme, emozione. Costantini non è un intervistatore comune: è uno stregone, tratta gli argomenti con un tocco affascinante, scrive con magia»